La proposta di una trasferta in Eritrea ci ha lasciati inizialmente un pò perplessi; a chi o in che circostanze poteva essere proposto il nostro canto popolare in un paese così lontano dalle nostre montagne, dai nostri usi e costumi ?
I coristi più giovani, seppure freschi di scuola, ignoravano assolutarnente che in quei luoghi avremmo trovato un piccolo pezzo di Italia, costruita con le fatiche di italiani che inseguivano un sogno di benessere e di grandezza, allora obbligatorio per una nazione che aspirava ad avere un ruolo importante nel mondo.
L' occasione della trasferta è stata l' invito da parte del Ministero degli esteri eritreo e dell'Associazione nazionale alpini per onorare i cimiteri di guerra dove riposano centinaia di migliaia di nostri connazionali morti in circa un secolo di colonialismo italiano. Così ci siamo trovati a cantare "Son morti per la patria", "Mamma mia vienimi incontro"' al monumento di Adua, tra le colline di Dogali lungo quella strada che da Asmara (quota 2300) porta i viaggiatori a Massaua, il più importante porto del Mar Rosso. Anche però a Cheren, ultimo nostro baluardo nei confronti di un nemico che seppe cancellare in pochi mesi tutti i nostri sogni di gloria.
Toccante il momento nel quale un alpino che era al seguito della nostra delegazione, ha trovato tra le fila di quelle tombe, quella di suo padre, morto nel marzo del 1941 durante la strenua ed eroica difesa, che gli fruttò la medaglia d'oro al valore militare. Nessuno della sua famiglia aveva potuto mai deporre dei fiori sulla sua tomba.
A Cheren ci siamo concessi una piccola pausa dagli impegni ufficiali, e siamo andati a trovare gli amici di Vallarsa, che da anni usano il loro tempo libero per aiutare la gente che, fuori dalle città, vive ancora in condizioni di estrema povertà; con faticosi lavori di scavi e posa di tubazioni infatti portano l'acqua e quindi la vegetazione e la vita dove prima c'era solo deserto; ci siamo così ristorati all'ombra di uno splendido vigneto trentino.
Abbiamo cantato anche nella cattedrale di Asmara dove, è il caso di dirlo, la moglie del nostro inossidabile corista Romano Galvan, è stata battezzata nel 1938.
Tutti hanno apprezzato l'ottimo espresso italiano nel caffè e cinema Roma, dove si respira ancora il fasto dell'impero ormai perduto, ma che ha lasciato evidenti tracce di cui le popolazioni Eritree sono gelosissime, al punto di non cancellare nemmeno le scritte: Alfa Romeo, concessionaria Necchi, pastificio Landini, Banco di Roma, etc;
Con il coro inquadrato come un plotone di alpini in armi, abbiamo sfilato assieme ad altre 150 penne nere, per le vie di Asmara, la prima volta dopo cinquant'anni, tra gli applausi di anziani Ascari con gli occhi lucidi e di giovani adolescenti curiosi e un po' stupiti ma senz'altro molto allegri per il carosello italiano.
Il Ministro degli esteri ci ha onorato della sua presenza alla cena con gli ambasciatori di Italia e di I Germania, dove i nostri canti si sono incrociati con i ritmi del folclore africano, e anche se non potevamo contare sui nostri ombelichi oscillanti per divertire gli astanti, abbiamo fatto del nostro meglio per divertire il pubblico italiano e eritreo.
L 'ultimo giorno, pochi minuti prima della partenza un invito fuori programma, il Presidente della repqbblica Isaias Afwerchi ci ha invitato nella sua residenza, ex palazzo del vicere, per testimoniare l' apprezzamento alla nostra visita e augurare che questa sia la prima di una serie di iniziative che avvicinino di nuovo l'Eritrea all 'Italia.
Con il nostro ritorno a casa, solamente i racconti e le fotografie hanno potuto far partecipare le nostre famiglie a questa straordinaria avventura africana, probabilmente l'unica nel suo genere.